I Videogiochi e il Primo Emendamento

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Una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, infatti, riconosce ai videogiochi la tutela garantita dal Primo Emendamento, che alla lettera riguarda la letteratura e le forme d’arte per la loro libertà di espressione.

La sentenza ha annullato il bando sul divieto di vendita di videogiochi violenti ai minorenni che vigeva dal 2005 in California e che ha portato i produttori di videogiochi (un’industria ormai superiore a quella del cinema) a tentare di rimuovere l’ingombrante bando. Non che la decisione mi faccia particolarmente piacere, perché detesto simpaticamente i videogiochi violenti e spesso la violenza e la brutalità sono usati per mascherare la terribile mancanza di idee e di innovazione nei giochi elettronici odierni, ma il punto è un altro.

La Corte Suprema ha rilevato infatti che “come i libri, le opere teatrali, i film che sono protetti e li hanno preceduti, i videogiochi comunicano idee – e anche messaggi sociali – attraverso molti artifici letterari comuni (come personaggi, dialoghi, trama e musica) e attraverso caratteristiche distintive del medium (come l’interazione del giocatore con il mondo virtuale)”. In questo senso sono assimilabili alle opere d’arte, e dato che “giudizi estetici e morali su arte e letteratura… sono di pertinenza dell’individuo, e non del Governo, anche se [quest’ultimo] ha il mandato o l’approvazione della maggioranza”, il divieto è illegale.

La sentenza è interessante da leggere anche per altri aspetti (chi vuole può trovare il testo integrale qui): per esempio si nota la distinzione fra la libera rappresentazione di un crimine e la persecuzione del crimine effettivo, e c’è chi ha colto una incoerenza nel fatto che l’oscenità sia considerata differentemente dalla violenza, ma quello che è di particolare rilevanza per il mondo del gioco è proprio l’inclusione dei videogiochi nel novero delle forme espressive (cioè artistiche) riconosciute.

A quando una simile presa di coscienza sui giochi in generale? Dipende da quanto crescerà l’industria ludica, perché le leggi sono anche effetto di azioni lobbystiche (in senso buono) la cui forza è proporzionale al valore economico, e dalla coscienza collettiva, che per fortuna segue leggi indipendenti dal mercato ma che ha bisogno di studiare ed essere informata per crescere, ed ecco perché è importante fare divulgazione ludica.